Tanta amicizia e fratellanza sul palco della Leopolda con innumerevoli inteventi di personaggi vecchie e nuovi, noti e meno noti. Tripudio d’applausi per la ministra dell’agricoltura Bellanova considerata come una delle più autorevoli degli ultimi anni per la sua competenza e proprio percorso ed esperienza, oltre a essere stata essa stessa una contadina. Elemento centrale dell’intervento fimato Bellanova l’affermare che nella nuova sinistra italiana il merito è un valore fondante, mettendo alle porte un assistenzialismo fine a se stesso. Tanta amicizia sicuramente, ma poca politica intesa come capacità di rapportarsi con gli altri. Altra domanda, lecita se contestualizzaimo la kermesse fiorentina sulla scena nazionale, è se Renzi una volta avuti i punti percentuali sufficenti per contare di più, farebbe o meno cadere il governo giallo-rosso. I tempi non sono maturi per rispondere a queste domande ma la folla oceanica del week end fiorentino e l’entusiasmo palpabile nell’aria fanno pensare a un percorso lento ma sicuro verso un nuovo rilancio del sindaco d’italia con resa dei conti alla scadenza naturale della legislatura, nel 2023.
Sul fronte dell’estetica Renzi ci tiene a mettere fine ai dubbi sul simbolo: quello stilizzato, dice "non è un gabbiano, è una spunta, una spunta sulle cose che abbiamo fatto, la spunta di Whatsapp e contemporaneamente un'ala per volare e al tempo stesso restare ancorati alle cose da fare". Finalmente dal palco leopoldino parte un appello a coloro nel centro destra che non ce la fanno ad accettare la compresenza in piazza San Giovanni a Roma di Forza Italia e Casa Pound. La Leopolda 10 è stato un evento organizzato e curato nei minimi particolari, ipertecnologico, pensato per sorprendere e restare impresso nella mente. Ma domani è un altro giorno e c’è un mondo freddo la fuori, pieno di insidie e difficoltà, le stesse che hanno abbuiato in passato il viso di Renzi e che forse sono passate dalla sua mente nel momento di alzare trionfante le braccia per l’ennesima volta, per il pubblico dell’ennesima Leopolda.
Cesare Martignon
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